Una problematica molto sentita in quest’ultimo anno è quella relativa al pagamento dei canoni di locazione per gli immobili adibiti ad attività commerciale, nel caso in cui le attività non potessero essere aperte a causa delle disposizioni dei vari Dpcm.
Nel corso di questo periodo si erano formati due orientamenti contrapposti: da un lato vi era chi sosteneva che la chiusura forzata delle attività, non facendo venire meno la disponibilità dei locali affittati, non comportasse alcuna sospensione del pagamento o riduzione del canone; dall’altro lato, in un’ottica di maggiore tutela dei conduttori, vi era chi affermava che la chiusura forzata ed incolpevole delle attività dovesse necessariamente avere un riflesso sul canone di locazione.
Orbene, si deve notare che in nessun Dpcm sia stato sancito il diritto dei conduttori di immobili commerciali a non pagare il canone di locazione, e questo è un dato di fatto.
Quanto alle pronunzie giurisprudenziali, ossia alle decisioni prese dai diversi Tribunali italiani, verrà ora data una concisa panoramica delle varie sentenze emanate.
Il Tribunale di Venezia nell’aprile 2020 intimava ad una banca di non pagare la fideiussione prestata a garanzia di un contratto di locazione stipulato da un commerciante, sulla scorta del fatto che -ad avviso del Giudicante- fosse opportuno attendere, prima di disporre per il prosieguo, lo stato della normativa (…) visto che essa è in continua evoluzione e segue l’andamento della pandemia.
Il Tribunale di Bologna nel maggio 2020 richiamava l’art. 3 comma 6 bis del d.l. 23/2/2020 n. 6, convertito dalla l. 5/3/2020, n. 13, in base al quale
il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 cc., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti
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Secondo il giudice bolognese, la norma citata “esonera certamente il debitore dall’onere di provare il carattere imprevedibile e straordinario degli eventi che hanno reso impossibile la prestazione dedotta nel contratto, chiarendo che il rispetto delle misure di contenimento deve essere “sempre valutato” dal giudice, ma non pare prefigurare una generale sospensione ope legis dei termini di pagamento (la quale è stata contemplata dal legislatore, a causa dell’emergenza sanitaria, solo per ipotesi specifiche)”, “in buona sostanza, se il legislatore avesse voluto attribuire ai debitori una moratoria generalizzata a discapito degli interessi creditori (…) lo avrebbe stabilito espressamente”. “La formulazione invece scelta (…) pare rinviare ad un contemperamento in concreto degli interessi coinvolti, delle ragioni del debitori e del creditore”.
Sempre a Bologna, un altro giudice intimava di non mettere all’incasso assegni bancari consegnati a garanzia del pagamento dei canoni di locazione, in ipotesi di impossibilità di pagamento connesso alle misure restrittive in vigore per il contrasto alla pandemia.
Il Tribunale di Genova, con un provvedimento del giugno 2020, vietava al locatore di asmettere all’incasso delle cambiali in suo possesso emesse dal conduttore a garanzia del pagamento dei canoni di locazione.
Il Tribunale di Bari, con sentenza del giugno 2020 stabiliva che il giudice dell’esecuzione “ben può autorizzare (…) la rinegoziazione del contratto o decidere di attendere nell’emissione dell’ordine di liberazione, in considerazione delle peculiarità del caso concreto”.
Il Tribunale di Venezia nel settembre 2020, in un giudizio di di sfratto per morosità nei confronti di un commerciante che aveva potuto utilizzare solo parzialmente i locali, sempre a causa delle disposizioni del Dpcm che “non si può parlare di impossibilità assoluta di godimento, ma di una seppur significativa impossibilità parziale, dal momento che la disponibilità dei locali in sé e per sé considerata mai è venuta meno”, che è “pertinente il richiamo all’art. 1464 cc. riguardante l’impossibilità parziale sopravvenuta e che prevede in capo alla parte la cui prestazione di per sé non è divenuta impossibile la scelta fra la riduzione della prestazione e il recesso” e che quindi “pare opportuno trovare un accordo sulla quota di riduzione”.
Il Tribunale di Macerata, nell’ottobre 2020 statuiva che “il rispetto delle norme di contenimento costituisce solo astratta causa di forza maggiore, la cui incidenza nel caso concreto deve essere dimostrata dal conduttore”.
Come è evidente, il panorama è ampio. Alla luce di ciò, per evitare defatiganti giudizi sarebbe opportuno tentare la via della rinegoziazione del canone di locazione relativamente ai mesi in cui l’attività dell’inquilino è stata chiusa forzatamente dai provvedimenti del governo.
In ogni caso, i professionisti dello Studio potranno aiutarvi a trovare la soluzione più adatta al Vostro caso.